sabato 20 marzo 2010

Più tavoli nei giardini di via Anzani




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Ho creato su facebook questo gruppo che ha avuto parecchio sussesso nell'immediato.
Il bisogno che i cittadini hanno nell'immediata fruizione di un parco pubblico sta anche nella ricreazione di quell'ambiete familiare che lo rende appetibile e calabile in un contesto urbano.
Se a ogni forma segue una funzione, quella di un parco urbano deve essere chiaramente pianificata. Un parco non è pensato oggiogiorno se non per le dimaniche di manutenzione che esso comporta. La spesa per l'arredamento da esterni e il rinnovo delle piante, sempre che ci sia, e la loro potatura sono al primo posto nei pensieri delle amministrazioni. Non dico che non sia giusto, ma come ogni cosa, anche questa ha diversi gradi di lettura.
Se poniamo un piccolo giardino tra le case di un quartiere sappiamo e vogliamo che questo sia un luogo di socialità e aggregazione.
Poste panchine e giochi per i bambini, ci dimentichiamo delle altre fasce della popolazione che non è detto che si limitino ad una fruizione passiva dello spazio.
Come le antiche abitazioni era incentrate sul luogo del focolare, le abitazioni moderne usano il tavolo come punto di accentramento.
Attorno a un tavolo si mangia e si discute, si invitano ospiti.
E' il primo luogo della socialità. Ma non è solo un "luogo", è un oggetto che interpreta lo spazio in base alle possibili funzioni. Un oggetto talmente versatile che non si può dimenticare a ogni stanza o quasi ne ha uno e che ognuno assolve una funzione tendenzialmente differente.
Nel rapporto uomo-luogo-oggetto, anche lo spazio del giardino pubblico rientra ad assolvere una funzione sociale.
Se la famiglia-casa si proietta sull'esterno, noi riconosciamo un ambiente familiare tanto più vediamo ricostruito un mondo domestico (o addomesticato).
Un parco selvaggio all'inglese, perde ogni forma di romanticismo (inteso come sturm und drang) se in esso viene collocato un tavolo e una panca, poichè essi stessi antropizzano fortemente il luogo.
L'ambiente esterno alle abitazioni per facilitare la socialità deve replicare nei suoi aspetti più semplici il nucleo fondativo del vivere sociale, che è appunto la famiglia; essa va intesa come realtà di soggetti dinamici che dialogano e creano socialità, costruendo schemi che si riverseranno poi sul mondo esterno.
Allo stesso modo la struttura sociale del passo successivo del nostro ragionamento è l'estensione del concetto famiglia, ovvero la comunità (o clan-figli dello stesso luogo/quartiere). Ricreare la dimensione di quartiere è oggigiorno difficile, ma non impossibile. Infatti chi è nato o è vissuto in un luogo, in quel luogo si riconosce. Se questo luogo è poi accogliente esso favorisce le dinamiche relazionali e la coesione sociale.
Nel rapporto uomo-luogo-oggetto dovrebbe esserci una volontà di accoglienza alla fruizione e alla conservazione; ciò non va inteso col il concetto di rispetto degli oggetti e dei luoghi, ma estendendolo alla conservazione e all'estensione del rapporto a più individui. Questo non è solo il "buon esempio" ma una chiara manifestazione di civiltà che dovrebbe essere sollecitata maggiormente. L'iterazione del rapporto positivo con ciò che ci circonda è alla base della convivenza civile e dell'integrazione. Se non si crea e non si rispetta l'armonia con la terra e la storia dei luoghi (anche quella con la s minuscola) a cui diciamo di appartenere, non avremmo mai rispetto di chi verrà dopo di noi. Il rispetto della cosa pubblica nasce nel e dal sentire comune, ma senza luoghi atti a creare legami di comunità, è evidente che il senso del pubblico diventa evanescente. Per questo è importante che le istituzione creino luoghi gratuiti (anche quando piove) per creare scambio di opinioni e senso civico. Perchè modernità non vuol dire per forza solo internet o televisione. Vuol dire anche riappropriarsi dei luoghi e farli rivivere. Magari favorendo il dialogo attorno a un tavolo tra persone di generazioni diverse.

Segue l'articolo fatto da Pietro Berra pubblicato sul giornale la Provincia del 10 luglio 2009


http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cronaca/80506_lappello_di_due_generazioni_pi_tavoli_nei_parchi_pubblici/

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